Come abbiamo già scritto, la Russia non si è mostrata particolarmente aggressiva in termini di offensive cibernetiche nella guerra contro l’Ucraina.
Anzi, sono stati proprio i sovietici (e i loro alleati) a subire i cyber-attacchi più dannosi. Nel corso dell’ultima settimana Anonymous, il più noto gruppo di hacker al mondo, ha compiuto una serie di attacchi informatici per colpire la Russia, schierandosi apertamente in sostegno del popolo ucraino.
Gli attacchi hanno preso di mira siti del governo, giornali ed emittenti televisive, oltre a diffondere migliaia di documenti riservati. Si tratta di una vera e propria guerra informatica mossa contro la Russia, che Anonymous ha dichiarato quando Putin aveva appena messo in moto i suoi carri armati.
Gli attacchi hacker sono stati dei “distributed denial of services” (DDoS): in sostanza, si sovraccarica un server inondandolo di traffico, finché questo non va offline per le troppe richieste di accesso; sono stati così bersagliati diversi siti istituzionali russi, fra cui quello del governo e di Gazprom (la società di stato russa che gestisce l’estrazione e l’esportazione del gas naturale). Gli hacker di Anonymous hanno poi preso di mira i siti di alcuni giornali russi, tra cui Russia Today, considerata una delle principali fonti della propaganda del governo di Putin sia in Russia che all’estero, e i siti dei quotidiani Kommersant, Izvestiya e della versione russa di Forbes.
Addirittura, Anonymous ha reso pubblico un piano per assassinare il presidente ucraino Volodymyr Zelensky.
È chiaro che le azioni di hackeraggio, anche se etiche, pongono un forte dilemma morale: il Cybersecurity Manager di Fondazione AMMI si posiziona nella posizione giusta per guidare il dibattito, con la sua combinazione di conoscenze tecniche e social skills.
